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CRYPTO TAX ITALIA, BITCOIN nel quadro RW, asset di valore che esprime capacità contributiva, obblighi di tutti gli intermediari

SEI UN RESIDENTE FISCALE in ITALIA, cittadino Italiano o straniero??? Usi intermediari residenti???

Questa è la #BITTAX e queste sono le #cryptoregole per te contribuente e per gli intermediari finanziari e non finanziari aventi residenza in Italia

Oppure, puoi considerare di trasferire la tua residenza fiscale fuori dall’Italia in modo compliant sia formale sia sostanziale, ed in particolare considerare i paesi con regime NON-DOM completi e NON temporanei

In proposito puoi approfondire qui sul regime NON DOM

Un paese come l’Italia, con un debito NON sostenibile e una spesa pubblica gigantesca, è sempre affamato di soldi, le tasse sui redditi e sui patrimoni dei suoi residenti sono la risorsa necessaria cui ricorrere sempre.

Una sentenza del Tribunale Amministrativo conferma la posizione presa dall’Agenzia delle Entrate

In base al sistema tributario ITALIANO vigente,  i bitcoin (e le altre crypto valute) sono considerati a tutti gli effetti come redditi prodotti o detenuti all’estero, vanno inseriti nella dichiarazione dei redditi quadro RW, in sostanza soggetti a tutti gli obblighi di comunicazione ai fini di monitoraggio e di anti-riciclaggio tipici del sistema Italiano.

Per questo motivo, indipendentemente da dove siano i wallets digitali, avere delle crypto-valute in Italia richiede un adempimento aggiuntivo attraverso il modello UNICO e non il 730.

Le valute virtuali come il bitcoin sono assimilate fiscalmente alle valute estere, e i WALLETS in cui sono detenute sono assimilati ad un deposito.

Con la risposta dell’Agenzia delle entrate all’interpello 956-39/2018 si evidenzia che:

  • le plusvalenze derivanti dalle valute virtuali sono tassate al pari delle valute estere; ed inoltre
  • le medesime valute virtuali devono essere indicate nella dichiarazione dei redditi nell’apposito quadro RW

Inoltre:

  • le cessioni a termine sono sempre rilevanti, indipendentemente dalla situazione possessoria del soggetto cedente
  • le cessioni a pronti sono invece rilevanti a condizione che le valute estere cedute siano “rivenienti da depositi o conti correnti” e “la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente sia superiore a euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi consecutivi”.
  • per espressa previsione normativa (ultimo periodo del comma 1-ter) del citato art. 67), viene equiparato alla cessione a titolo oneroso il prelievo della valuta estera dal deposito o dal conto corrente, posto che “una volta che la valuta sia uscita dal conto corrente o dal deposito, non è più possibile stabilire se e quando è stata successivamente ceduta”
  • qualora l’investitore abbia maturato le condizioni sopra indicate, il prelievo di valuta virtuale da portafogli elettronici è oggetto di tassazione quale reddito diverso di natura finanziaria.

IVAFE

L’AdE precisa infine che le valute estere non sono soggette all’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE)

l’IVAFE “si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura bancaria” (cfr. circolare 2 luglio 2012, n. 28/E)”.

MONITORAGGIO E INTERMEDIARI

“è dirimente la circostanza che la modifica del d.l. 167/1990 operata per il tramite del d.lgs. 90/2017, ha esplicitamente inserito l’utilizzo delle “monete virtuali” tra le operazioni relative ai trasferimenti da e per l’estero, rilevanti ai fini del relativo monitoraggio ex art. 1 del d.l. 167/1990:

“1. Gli intermediari bancari e finanziari di cui all’articolo 3, comma 2, gli altri operatori finanziari di cui all’articolo 3, comma 3, lettere a) e d), e gli operatori non finanziari di cui all’articolo 3, comma 5, lettera i), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni, che intervengono, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento di cui all’articolo 1, comma 2, lettera s), del medesimo decreto sono tenuti a trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati di cui all’articolo 31, comma 2, del menzionato decreto, relativi alle predette operazioni, effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 euro, indipendentemente dal fatto che si tratti di un’operazione unica o di più operazioni che appaiano collegate per realizzare un’operazione frazionata e limitatamente alle operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.

In sostanza, l’art. 1 citato opera sotto un duplice profilo, oggettivo e soggettivo; sotto il profilo oggettivo, assoggetta espressamente al monitoraggio sia l’utilizzo delle valute virtuali, che l’utilizzo di “mezzi di pagamento” (distinti dalle prime e definiti, come meglio oltre si vedrà, all’art. 1, comma 2, lett. “s” del dlgs 231/2007), in genere; sotto il profilo soggettivo, ai suddetti obblighi di monitoraggio sono tenuti, inoltre, sia gli operatori finanziari che gli operatori non finanziari”

“Alla lettera (s) vengono definiti, quali “mezzi di pagamento”: “il denaro contante, gli assegni bancari e postali, gli assegni circolari e gli altri assegni a essi assimilabili o equiparabili, i vaglia postali, gli ordini di accreditamento o di pagamento, le carte di credito e le altre carte di pagamento, le polizze assicurative trasferibili, le polizze di pegno e ogni altro strumento a disposizione che permetta di trasferire, movimentare o acquisire, anche per via telematica, fondi, valori o disponibilità finanziarie”; infine, (lett.ff) sono “prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale: ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale”.

Sentenza 1077 del 27 gennaio 2020 Tar del Lazio

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